“Solitamente comperi l’anti-influenzale al miglior prezzo o una marca specifica?” Che cosa influenza questa scelta?
Un pubblico “campione” al quale è stata rivolta una domanda simile, ha risposto per il 69% che la scelta fatta sarebbe il prodotto a marchio. Solo il 31% preferirebbe risparmiare.
In qualità di consumatori, siamo portati a compiere le nostre scelte di acquisto a seconda dei messaggi di marketing e comunicazione ai quali siamo esposti. Sono loro, in buona parte, a farci stabilire se un “brand” sia più credibile rispetto a un altro.
L’effetto è cumulativo, viene costruito attraverso tutti i sistemi di comunicazione (pubblicità, pubbliche relazione, social networking, ecc…) e, proprio attraverso questi canali si concretizza verso un mercato. L’insieme di tutto questo è noto in marketing come “brand equity”.
Che cos’è la brand equity?
Secondo Wikipedia Italia, la brand equity si sintetizza così:
“…Esprime il valore della marca in condizioni di funzionamento sintetizzando la forza di una marca sul mercato di riferimento.”
In dettaglio:
“…la valutazione della brand equity si devono valutare gli aspetti quali-quantitativi della conoscenza di marca, cioè la notorietà (brand awareness), l’immagine (brand image) e la “brand association” (alla base della costruzione della lealtà al brand).”
Un po’ più articolato il concetto che ritroviamo su WIkipedia Inglese che invece scrive:
“Brand equity is a phrase used in the marketing industry which describes the value of having a well-known brand name, based on the idea that the owner of a well-known brand name can generate more revenue simply from brand recognition (that is from products with that brand name than from products with a less well known name), as consumers believe that a product with a well-known name is better than products with less well-known names.”
L’idea di base, oltre che essere la forza che ha una marca nel proprio mercato – e qui il concetto diventa molto importante – è anche e soprattutto una forza che porta essa stessa del reddito all’azienda. Lo fa a prescindere dal fatto che vi siano in corso azioni di riduzioni del prezzo o promozioni e, così facendo, aiuta l’azienda ad evitare la “corsa al ribasso” che (solitamente) uccide molti produttori o fornitori di servizi.
Questo comporta, per un’azienda, ad avere una valutazione più alta rispetto a un’azienda che ha un brand equity inferiore.
Perché la brand equity è importante?
La brand equity risulta fondamentale per qualsiasi azienda/persona che voglia posizionare i propri prodotti/servizi, attrarre nuovi potenziali clienti, nuovi potenziali investitori o anche per migliorare la qualità dei dipendenti della propria azienda e rendere più “sicuro” un loro posto.
In particolare troviamo tre aree strategiche in cui la brand equity va ad influire:
Aumento delle vendite
Il proposito di un brand (sia esso un’azienda o un professionista) è di offrire al proprio cliente un prodotto/servizio che sia “credibile”. Un certificato di qualità, una promessa di quello che si aspetta, una dichiarazione di valori alla quale il cliente possa allineare i propri.
Questi sono valori importanti per la maggior parte dei consumatori (per lo meno in certe categorie). Vi è, ad esempio, uno studio del TIME che ha visto come il 74% delle donne preferisse comprare un prodotto di marca nella categoria di salute e bellezza rispetto che a un prodotto senza brand. Anche nel caso di detergenti, il 69% delle consumatrici, preferisce una marca nota.
Anche Nielsen ha condotto uno studio in tal senso; in questo caso, il risultato è stato che il 69% degli intervistati preferisce comprare di nuovo da un brand che già conosce rispetto a uno sconosciuto. Questo ci aiuta a capire come, la brand equity, non sia importante solo nella fase iniziale di acquisto ma anche (e in certi mercati soprattutto) nell’acquisto ricorrente.
I rischi che provengono dai nuovi prodotti immessi sul mercato, diventano molto minori per quelle aziende/persone che hanno costruito una brand equity solida e riconoscibile. Altro importante valore aggiunto nel caso di prodotti è la distribuzione; nel caso in cui il proprio brand sia forte è più probabile che venga richiesto a magazzino del rivenditore divenendo, anche in questo caso, un generatore virtuoso di processo.
Aumento dei profitti
I consumatori sono disposti a pagare di più. Questo è un punto che bisognerebbe sottolineare, specie per il mercato italiano. Per avere la controprova, basta recarsi un qualsiasi supermercato e notare i prodotti che vengono venduti della stessa categoria. Prendiamo un esempio: se andassimo in una qualsiasi Esselunga, troveremo la passata di pomodoro della “Mutti” che costa € 6,17 al Kg contro la “Pomì” che costa € 1,71 al Kg (escludendo i prodotti a marchio “Esselunga” che arrivano a costare € 1,28 al Kg). Il prezzo varia del 260,8% (una variazione di 4,46!).
Per lo stesso motivo, e qui l’esempio riguarda il nostro settore, è possibile “acquistare” la realizzazione di un sito web, da una web agency di Milano, a prezzi che possono variare da qualche centinaia di euro a diverse migliaia.
Recentemente un altro studio sottolinea come i grandi colossi come Procter & Gamble, Unilever e Mondelez, si siano focalizzati sulla costruzione e il rinforzo dei loro brand, stando alla larga dalle promozioni, con l’obiettivo di alzare i propri profitti.
Addirittura troviamo ricerche che evidenziano come la brand equity giochi un ruolo così importante nella strutturazione del prezzo che alcune aziende sono in grado di posizionare prodotti premium “anche quando la superiorità rispetto ai competitori non sia dimostrabile”.
È nei mercati B2C che la brand equity trova maggior attuazione, in effetti è proprio qui che viene preso come indicatore della forza e della prestazione dell’azienda. Il Financial Times inserisce nei primi 5 posti della classifica dei “Top 100 global brands”: Amazon, Apple, Google, Microsoft e Visa.
Aumento della propria influenza
Così come nella nostra vita quotidiana “siamo facilitati se siamo belli”, così anche i brand sono aiutati nel rapporto con i loro possibili clienti attraverso un abbellimento del proprio posizionamento. Sostanzialmente, come nella vita “reale”, è più semplice avere delle porte aperte. Se pensiamo poi alle collaborazioni strategiche tra aziende e professionisti, si è più propensi a collaborare con alleati influenti. Queste collaborazioni sono poi percepite dagli utenti con una valorizzazione del brand per entrambi i professionisti/aziende.
Il miglioramento della propria influenza è anche fondamentale al proprio interno; ancora gli studi ci vengono in aiuto, dimostrando come le aziende che hanno un alto tasso di brand equity siano facilitate nel reperimento e assunzione di talenti. Chi cerca lavoro, non guarda semplicemente al ruolo da ricoprire ma anche (e forse soprattutto in prima battuta) alla reputazione che ha un’azienda. Anche attraverso l’orgoglio che dimostrano i singoli individui rispetto alla propria azienda.
Inoltre, le persone sanno benissimo che, lavorare per un’azienda nota, ben rispettata li aiuterà nella loro prossima ricerca di lavoro. I dipendenti sono anche più predisposti a lavorare per uno stipendio più basso pur di lavorare per un’azienda con un alto tasso di brand equity.
Come si costruisce la brand equity?
La brand equity è figlia di due principali combinazioni:
- la coscienza del consumatore;
- la sua percezione.
Questo significa che il consumatore non è solo a conoscenza del prodotto/marchio e delle sue caratteristiche, ma soprattutto riesce ad associare ad esso delle prospettive positive su ciò che il marchio rappresenta.
La conoscenza della marca viene creata attraverso investimenti in marketing e comunicazione ed è amplificata dal passaparola, dalle partnership strategiche e dalla crescita economica. Uno strumento utile per poter iniziare ad approcciare il tema è il testo di K.L. Keller, A.M.G. Parameswaran e I. Jacob “Strategic Brand Management: Building, Measuring, and Managing Brand Equity” testo in inglese.
Il modello presentato nel testo [conosciuto anche come Customer-Based Brand Equity (CBBE)Model] è stato sviluppato da Kevin Lane Keller, professore di marketing presso la “Tuck School of Business” al Dartmouth College ed è ampiamente usato dai professionisti di marketing.
Il modello di brand equity di Keller
Solitamente il modello di brand equity di Keller viene visualizzato come una piramide che mostra come le aziende creino atteggiamenti positivi rispetto al marchio dalle loro basi, modellando il modo in cui i clienti immaginano e sentono il prodotto. Bisogna quindi costruire, nel cliente, dei sentimenti, delle opinioni e degli atteggiamenti positivi a riguardo.
La conoscenza del proprio cliente è quindi la chiave di tutto. Avendo infatti piena consapevolezza di quali siano i desideri e le esigenze del proprio target, si riuscirà a rispondere al meglio ad essi, instaurando così un vero e proprio rapporto che costruisca la propria brand equity.
In risposta, il cliente, acquisterà maggiormente dall’azienda. Raccomanderà i servizi e/o i prodotti che verranno proposti, saranno più fedeli e sarà molto più difficili “perderli” a favore di qualche competitor. Diventeranno dunque dei veri e propri “ambassador”.
Primo livello: rilevanza (chi sei?)
In questo primo step, l’obiettivo è di comprendere la consapevolezza che ha il cliente di te. Quali parole assocerebbe al tuo marchio? In che modo i clienti classificano il tuo brand? Il loro percepito, corrisponde al tuo desiderata?
Secondo livello: prestazioni e immagine (cosa sei?)
Nel secondo step, bisogna identificare e comunicare in che modo il tuo marchio soddisfi le esigenze dei clienti. Troviamo due aree principali: “Prestazioni” e “Immagine”.
Le prestazioni servono per soddisfare le esigenze “pratiche” come funzionalità e affidabilità del prodotto, stile e design, prezzo e servizio clienti. Le Immagini, invece, si riferiscono a quanto il tuo marchio soddisfi le esigenze dei clienti socialmente e psicologicamente. La domanda è: i valori del tuo marchio sono in sintonia con quelli dei tuoi clienti?
Terzo livello: giudizio e sentimento (e tu?)
Nel terzo step si dividono, le reazioni dei consumatori, in due categorie:
- “giudizi”;
- “sentimenti”
Qui bisogna capire come influenzarli. Abbiamo ad esempio giudizi dei clienti sulla qualità del marchio, sulla sua credibilità, sulla pertinenza, sulla superiorità rispetto ai competitor o sulla pertinenza rispetto alle loro esigenze specifiche. Nel caso, invece, dei sentimenti, ci si concentra maggiormente su come il brand faccia sentire i clienti. Nel modello di Keller troviamo sei sentimenti positivi per il brand: calore, divertimento, eccitazione, sicurezza, approvazione sociale e rispetto di sé.
Quarto livello: risonanza (il rapporto tra me e te)
Il quarto step, il punto più alto della piramide, è riservato alla “risonanza del marchio”; è l’apice della brand equity. In questo caso, i clienti sentono un profondo legame psicologico nei confronti del brand e, di conseguenza, rimarranno fedeli ad esso.
Keller identifica 4 aree per la risonanza:
- lealtà comportamentale: i clienti che acquistano ripetutamente da te;
- attaccamento attitudinale: i clienti che hanno un sentimento molto positivo (amore) nei confronti del tuo brand;
- senso di comunità: il senso di appartenenza alla comunità formata dai clienti e da ciò che il marchio rappresenta;
- coinvolgimento attivo: sono i clienti che interagiscono con il tuo marchio sia in fase di acquisto che in fase “passiva”, ad esempio interagendo sui social network o negli eventi.
L’obiettivo, nella fase finale è di trovare i modi per rafforzare ogni categoria individuata, riconoscendo e premiando quei clienti che sono fedeli al brand.
Un esempio molto concreto di grande brand equity di una società relativamente giovane è quella di “Tough Mudder”, un brand che è riuscito ad avere dei fan così affezionati al marchio che si sono addirittura tatuati il nome sulla pelle.
Come si misura la brand equity?
L’importanza della brand equity si declina sia in un valore tangibile che intangibile – quello tangibile è evidente grazie a margini di profitto e quote di mercato, quello intangibile si evidenzia grazie alla consapevolezza (conoscenza) e buona predisposizione. La modalità di misurazione è figlia di una ricerca quantitativa (che si basi sui dati) e qualitativa (aneddotica).
Se dovessimo cercare un solo metodo, dovremmo propendere per il “Net Promoter Score” (NPS) perché, proprio così, potremo misurare la probabilità delle persone di consigliare il tuo brand/prodotto/servizio ai familiari e amici. Da qui parte la costruzione di Brand Equity.
Un brand con un alto tasso di brand equity, presenterà non solo caratteristiche di notorietà ma anche caratteristiche di sentimenti positivi nei confronti dei propri consumatori. I clienti rimangono fedeli, sono propensi ad acquistare nuovi prodotti lanciati e, soprattutto, si rendono “ambassador del brand” cercando di incoraggiare altre persone a comperare dal brand riferito.
Un alto tasso di “ambassador del brand” (o promotori del marchio) sono indice di “equità” del brand. Naturalmente l’NPS non può dire tutto, dovrebbe essere usato insieme ad altre ricerche che lo contestualizzino, ma fornisce un’ottima e misurabile base per poter confrontare i dati ottenuti.
Altro aspetto fondamentale, nelle domande del sondaggio, è non solo avere la consapevolezza del livello di cui gode il tuo marchio ma anche di sapere, attraverso il sondaggio, quali brand sono importanti per tuo pubblico nel tuo mercato, categoria o nicchia.
In alternativa, per capire come le persone pensano o associno il tuo brand, puoi chiedere loro quali siano le parole che associano alla tua marca, consentendo risposte testuali aperte per evitare di indirizzare il “sentimento” delle persone. In questo modo è comprensibile se il messaggio lanciato dal tuo brand sia filtrato o meno al tuo pubblico.
Altro strumento che si rivela sempre più importante è quello che consente di ascoltare e quantificare i consumatori che parlano del tuo marchio. Individuare le menzioni che un brand riceve anche tramite i social network (Twitter, Instagram, Facebook, ecc…) diventa basilare per una corretta misurazione.
Naturalmente l’ascolto è fondamentale per quanto non sia necessariamente il migliore. In effetti, secondo RadiumOne, l’84% delle condivisioni è fatto tramite “dark social”, cioè piattaforme private come possono essere WhatsApp, Telegram o Messenger. Dati di questo tipo sconsigliano un approccio che sia troppo “social centrico”.
Uno strumento molto importante è sempre lo studio dei dati analitici del web. Come le persone cercano il tuo nome? Le parole chiave del brand vengono usate dai clienti che hanno già sentito il tuo nome e dunque diventano indicatori importanti. Sfortunatamente Google implementa sempre più opzioni restrittive per le ricerche legate alle parole chiave, rendendo molto difficile la misurabilità della brand equity.
La misurazione analitica della brand equity
In un mondo sempre più complicato e diversificato, l’utilizzo di misurazione non può più essere monocanale (social media, menzioni, ricerche, ecc…). È un sistema impreciso che potrebbe portare a conclusioni scorrette sulla potenzialità della tua brand equity.
C’è quindi la necessità di implementare delle piattaforme di misurazione che aiutino ad arrivare a una prospettiva neutrale della forza del tuo brand nel tuo mercato di riferimento.
L’unico vero modo è quindi quello di instaurare un dialogo diretto con il tuo pubblico.
Poche e semplici domande possono essere una corretta chiave per ottenere un grande numero di informazioni e, aiutarti a implementare la tua brand equity.
- Qual è il richiamo del tuo brand se non sollecitato?
- Quante persone hanno scelto di acquistare il tuo marchio (in che modo rispetto alla quota di mercato dei tuoi concorrenti)?
- Qual è il valore NPS del tuo brand? E in relazione ai tuoi principali competitor?
- Perché i consumatori sono disposti a promuovere il tuo brand? Quale esperienza del marchio li rende promotori? Quali dettratori? Come si posizionano i competitor?
- Come viene descritto il tuo marchio dai consumatori? Usano parole negative o positive? Si allineano ai valori che ti sei prefissato di comunicare?
- Cosa li convince a scegliere una marca rispetto a un’altra? Quali caratteristiche o vantaggi fondamentali possono influenzare la loro decisione di acquisto?
Tramite queste domande, puoi mappare le risposte in un modello di equità del marchio, fornendo una misura coerente, valida e completa del tuo marchio rispetto alla concorrenza.
La brand equity oggi
In un mondo sempre più connesso, fatto di consumatori che si parlano e ascoltano, la brand equity raggiunge un’importanza strategica fondamentale. La raccolta dei dati offline e online influenza attivamente i profitti della tua attività che è sempre più dipendente dagli assets intangibili.
Tutto questo significa che se non hai un corretto riconoscimento del tuo brand, la tua azienda non sarà in grado di massimizzare il valore.
Iniziare un processo di brand equity consiste nella misurazione dei processi che porterà a un incremento delle vendite e del prestigio della tua attività così da poter rimanere il leader del tuo mercato di riferimento.